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L’uomo del nuovo millennio è un documento

Creato il 14 settembre 2014 da Annovigiulia @AnnoviGiulia

Quello che era una scienza, una branca della matematica si è trasformata in cultura, capace di modificare il rapporto con la nostra identità personale e con la società.

Con questa premessa Milad Doueihi ha iniziato il suo intervento al Festival della Filosofia 2014 a Carpi. Secondo l’intervento del filosofo canadese, la nostra vita sarebbe dominata da numeri e formule matematiche. La nostra reputazione è strettamente collegata alla nostra visibilità sul web.
Anche qui però ci troviamo di fronte a un cambiamento: l’algoritmo è un “animale” che evolve in fretta. Se un tempo bastava essere nel web e farsi riconoscere dall’algoritmo, ora quello che conta veramente sono le relazioni (geografica, semantica, linguistica e inter-personale con amici e followers) e la tracciabilità dei nostri comportamenti. Sempre più schedati nei nostri comportamenti digitali, alla nostra persona sono collegati numeri, calcoli, percorsi logici.

DSC_0001Nella storia abbiamo assistito a due umanesimi, entrambi caratterizzati da un avanzamento tecnico del supporto attraverso cui veniva tramandata la cultura. Eccoci dunque di fronte al terzo umanesimo: il digitale, il nuovo supporto che tutti teniamo tra le mani, modifica il nostro modo di rapportarci alla realtà perché la sottomette a una nozione di celebrità e gloria. Al momento l’uomo si trova un po’ spiazzato di fronte a questa trasformazione perché la macchina ha superato l’uomo. Siamo dunque nella fase di ricerca di un nuovo equilibrio e una nuova convergenza.

Cosa c’è di così nuovo? Del resto anche in passato esisteva la reputazione, e quando era buona ci apriva a posti di lavoro o possibilità di relazione con certe persone piuttosto che con altre. Dunque ecco che emerge un ingrediente fondamentale della reputazione: è la memoria delle imprese e delle caratteristiche di una persona che ne determinano la sua reputazione. La memoria è legata all’imperfezione umana e quindi alla possibilità di dimenticare. Il web no, non dimentica al massimo nasconde i dati per metterne in evidenza altri, che cambiano la nostra reputazione sul web (e ci sono aziende preposte a questo).

Ma il web non modifica solo la nostra memoria ma anche il nostro spazio: se prima era uno spazio abitabile, ora è mobile e basato su variazioni temporali piuttosto che spaziali. Questo modifica la percezione di noi stessi e degli altri.

Infine il web porta anche a una modificazione delle nostre relazioni: se l’amicizia ai tempi di Cicerone era una cosa intima, oggi è sotto gli occhi di tutti. C’è chi dice che gli amici di facebook non sono veri amici, ma già Bacon aveva associato numeri all’amicizia:

Chi ha un vero amico, raddoppia la felicità e divide le sofferenze

La differenza rispetto a una volta non è tanto nella qualità, quanto nella quantità: se l’amicizia era una cosa rara e preziosa, oggi ve n’è in sovrabbondanza. Il digitale in questo crea una frammentazione della reputazione.
Se la nostra vita ormai è così alterata e inglobata dal digitale, qual è dunque la giusta etica per stare sul web? Sempre secondo Doueihi, dobbiamo avere sia l’etica della convinzione che quella della responsabilità: le convinzioni (del politico weberiano) e il sapere del saggio devono coniugarsi nel web. E come fare dunque per non essere sopraffatti dal digitale, per governarlo e non esserne governati?
Fondamentale è l’alfabetizzazione, cioè non solo l’uso degli strumenti, ma la conoscenza del codice. Bisogna imparare a conoscere ciò che usiamo, a prevederne le mosse.

 


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